Il 2020 è stato un anno complesso per le imprese sotto ogni punto di vista, e l’Export non ha fatto eccezione pur confermando una fondamentale importanza per la tenuta del sistema paese, senza quota export il calo del Pil nel 2020 sarebbe stato non del 9,8% ma del 43% ; per le piccole imprese manifatturiere la quota export della produzione ha raggiunto proprio nel 2021 il valore record del 61%.
A lato di questi dati quantitativi, l’ufficio estero di Confartigianato Milano-Monza e Brianza ha osservato che il 2020 ha portato molti cambiamenti qualitativi nella “Way to Export” delle PMI associate e non. Gli investimenti per lo sviluppo internazionale sono stati ri-orientati, le “rotte commerciali” sono cambiate, i competitor sono cambiati e l’uso del digitale è cambiato sostanzialmente. Alcuni potrebbero essere cambiamenti reversivibili, altri sicuramente rappresentano un cambio di paramentri strutturale.
Alla luce di ciò, nel corso del 2020 l’ufficio estero da un lato ha ristrutturato i suoi servizi alla luce del nuovo scenario e rafforzato i rapporto con i Desk locali attivi, dall’altro ha deciso di aprire per le imprese associate una finestra di dialogo con referenti autorevoli su come sta cambiando l’export.
“Un caffè con…” che inauguriamo oggi dialogando con Matteo Mariani, Segretario Generale camera Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca nostro partner sul mercato Ceco, vuole essere uno strumento di confronto e riflessione su come sta cambiando il mercato in questo contesto turbolento.
Ogni mese questa piccola rubrica fornirà informazioni e riflessioni utili per le aziende esportatrici ed è aperta a suggerimenti delle imprese su temi di interesse.
1. Il 2020 è stato un anno particolare, Lei che vive da tempo in rep. Ceca, cosa ci può dire delle dinamiche economiche e sociali vissute quest’anno in confronto con il trend pre-Covid?
Senza dubbio il 2020 ha portato numerosi cambiamenti in RC, come nel resto del mondo, sia dal punto di vista della socialità, sia per quanto riguarda i principali indicatori economici. Nel corso dello scorso anno il PIL è calato del 5,6%, ma stiamo parlando di un Paese che negli ultimi dieci anni ha registrato una crescita generale di oltre il 45% al netto dell’inflazione. Per il 2021 e 2022, l’UE stima una crescita del 3,1 e 4,5%. Certamente molto dipenderà dall’evoluzione della pandemia a livello internazionale, ma il Paese ha già dimostrato una buona tenuta complessiva. Dopo un anno di stagnazione, il tasso di disoccupazione nazionale è al 3,2%, mentre nel terzo trimestre del 2020 gli stipendi sono cresciuti in termini reali dell’1,7%. Questo ovviamente non significa essere indenni alla crisi, tutt’altro. Ma i fondamentali restano buoni e la speranza è che il sistema economico ceco possa reagire con grande elasticità e capacità di reazione, così come è avvenuto nel 2010-2012, quando la recessione venne recuperata in meno di due anni.
2. Alla luce della sua esperienza e conoscenza del contesto, quali saranno i settori economici che potranno trainare la ripartenza in questo 2021?
Sicuramente i comparti della meccanica e l’automotive, cuore pulsante dell’industria ceca. Il Paese sta inoltre investendo in una strategia di sviluppo ambiziosa, orientata alle nuove tecnologie avanzate, con il programma “Czech Republic The Country For The Future 2019-2030”. In questi settori saranno iniettate risorse pubbliche e finanziamenti per progetti in R&S, creazione di start-up, mobilità e ammodernamento delle infrastrutture e digitalizzazione. Un’altra grande sfida sono gli investimenti nelle infrastrutture stradali e ferroviarie, in cui il Paese può e deve cercare un ulteriore ammodernamento, per rilanciare l’economia ma anche per porre le basi di una nuova competitività di medio e lungo periodo, allineandosi a Germania ed Austria. Si auspica inoltre che in tempi brevi si possa tornare a parlare di flussi turistici e di ripartenza dell’industria dell’ospitalità. Per Praga, ma anche per altre destinazioni, il turismo resta un asset importante, soprattutto se sarà in grado di aumentare il valore aggiunto dei servizi offerti.
3. Come hanno reagito le aziende italiane in questo 2020? Ci sono state delle “operazioni di successo”?
L’operazione di successo in questo 2020 è stata a mio avviso la solidità e la capacità di resistere e competere dimostrata dal network delle aziende italiane in Repubblica Ceca. Ovviamente, settori come l’ospitalità, il turismo, la ristorazione e il commercio al dettaglio soffrono ancora fortemente a causa delle restrizioni. Ma in altri settori, come industria, retail, servizi professionali, immobiliare e costruzioni, ad esempio, fino a questo momento le operazioni hanno proseguito senza gravi limitazioni, in alcuni casi sugli stessi livelli del 2019. Da parte nostra, l’obiettivo è stato soprattutto di sostenere tutte queste imprese in tempo reale, con informazioni aggiornate e assistenza sugli aspetti organizzativi e legislativi legati alla pandemia, in stretto raccordo con l’Ambasciata d’Italia e in collaborazione con i nostri associati e partner.
4. La percezione del Made in Italy oggi in RC è unicamente legata ai prodotti finiti di eccellenza, le così dette 4F (food, fashion, furniture & fabricated machinery) o anche al valore aggiunto che componenti di subfornitura posso apportare al Made in Czech Republic?
Il Made in Italy ha una sua connotazione ben radicata in Repubblica Ceca nei comparti chiave. I consumatori riconoscono e richiedono produzioni italiane di qualità, nei beni di consumo così come nel comparto industriale, ma questo non esclude la componentistica. L’Italia esporta annualmente verso la Repubblica Ceca oltre 6 miliardi di euro. Anche nel 2020 il nostro Paese si è confermato il quinto partner generale della Repubblica Ceca e nonostante un comprensibile rallentamento dovuto alla pandemia, di circa il 6,5%, il valore degli scambi resta complessivamente alto, confermando la solidità dei rapporti tra i due Paesi. Nella parte finale dell’anno, inoltre, l’interscambio bilaterale ha registrato un continuo miglioramento e nell’ultimo trimestre, il volume è stato addirittura del 7% superiore a quello del 2019. In questo contesto, va ricordato che 2,3 miliardi di euro di export italiano verso il Paese sono realizzati da meccanica e mezzi di trasporto e una buona quota è rappresentata da apparecchi per tubi, corpi caldaia, serbatoi, cuscinetti a sfera, ingranaggi, frizioni e componenti simili, che vanno a corroborare la produzione tradizionale ceca. Dal nostro punto di vista, la nuova difficoltà dovuta al Covid di viaggiare e relazionarsi con mercati lontani, come la Cina, potrebbe portare interessanti opportunità nel mercato comune, soprattutto nello scambio di prodotti e componenti industriali a medio valore aggiunto.
5. Per “provare la temperatura” del business in Rep. Ceca, quali sono i luoghi (città e distretti industriali) e gli eventi (fiere, convegni etc..) da osservare?
La Repubblica Ceca può essere considerata un grande distretto industriale. Ad eccezione di Praga, che ha negli anni dimesso ogni produzione manifatturiera, a vantaggio di hub finanziari, centri amministrativi e imprese di servizi, tutte le altre regioni vantano una forte connotazione industriale. A poco meno di 40 minuti dalla capitale, in Boemia Centrale, sorgono numerosi centri di produzione di rilievo internazionale, a partire dalla nota Škoda Auto, che ha la sede storica a Mladá Boleslav. Ma sono molto importanti da un punto di vista produttivo anche Ostrava, storico centro della siderurgia e dell’industria pesante, Plzen, con una vocazione al ferroviario e alla meccanica, Brno, distretto industriale polifunzionale e in rapida ascesa, dove è anche collocato il centro fieristico internazionale. Proprio qui si tiene la Fiera Internazionale della Meccanica – MSV, alla quale partecipiamo regolarmente con le aziende italiane, che è il principale evento di settore dell’Europa centrorientale, con oltre 1.500 espositori e 85 mila visitatori ogni anno.
6. Per la sua esperienza, con un piccolo sforzo di astrazione, quali sono le caratteristiche distintive dell’Imprenditore Ceco che opera a livello internazionale?
L’imprenditore ceco è oggigiorno abituato a muoversi in un ambiente internazionale, è abituato a confrontarsi e anche a competere con i Paesi europei, e ha come primo riferimento la Germania. In genere è un imprenditore indipendente, si informa e viste le dimensioni del mercato locale sa che deve interagire con soggetti internazionali. Ha in genere un approccio molto pratico ed è attento alla preparazione dell’offerta e delle controparti. Diciamo che preferisce sempre avere i dati alla mano e non lascia spazio al “vedremo”. Il tempo medio di pagamento di una fattura, per esempio, è inferiore ai 20 giorni in Repubblica Ceca. Il rapporto personale con la controparte può anche svilupparsi nel lungo periodo, ma non è fondamentale per lavorare insieme. C’è un approccio culturale complessivamente diverso rispetto all’Italia, più rigido e pragmatico se vogliamo, ma che va capito e accettato per lavorare bene con il Paese.
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