È notizia di qualche giorno che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha ridotto le previsioni di crescita per la Spagna quest'anno dal 2,2% al 2,1%, nonostante questo il dato sulla crescita del paese iberico rimane uno dei migliori in Europa.
Nel suo rapporto "Global Economic Perspectives", l’FMI mantiene, tuttavia, le sue previsioni di crescita del PIL spagnolo per il 2020, all'1,9%. I dati di Banca di Spagna inoltre attestano una crescita della domanda interna di beni e servizi che negli ultimi 3 anni non è masi sceso sotto il 2%, con tutte le componenti della domanda nel grafico a destra:
L’andamento del PIL pro capite negli ultimi anni ha visto il sorpasso del “sistema Spagna” nei confronti dell’Italia, per la prima volta nella storia, con un gap che nelle previsioni dovrebbe allargarsi ulteriormente negli anni a seguire:
Anche Il “mattone spagnolo” continua ad attrarre investimenti, sebbene rallenti il suo ritmo. Secondo il rapporto BNP Paribas Real Estate " At a glance 2019 ", il volume degli investimenti diretti in beni immobiliari (uffici, magazzini logistici, alberghi, "retail" e portafogli residenziali) ha raggiunto un totale di 2.015 milioni di euro nel primo trimestre dell'anno, che è inferiore del 5% rispetto allo stesso periodo del 2018, principalmente a causa dell'assenza di operazioni di grande volume effettuate in questo periodo, rispetto all'anno precedente.
Il ranking Doing Business (© 2019 The World Bank Group) colloca la Spagna al 30° posto mondiale in quanto ad attrattività business (nel 2017/18 era in 34° posizione), e segnala che solo negli ultimi 3 anni ci sono state importanti riforme strutturali che hanno permesso miglioramenti di non poco conto, tra cui abbassamento delle tasse e maggiori garanzie in termini contrattuali:
Le più importanti riforme varate in Spagna come la legge sulla concorrenza economica (2013) e la disciplina dei fallimenti (2014-2015), hanno aiutato non poco a ridurre il gap di produttività con altre nazioni europee e dar corso ad una lenta trasformazione del tessuto produttivo spagnolo. Una trasformazione destinata a fare anche meno leva sul settore delle costruzioni, il cui peso è sceso dall’11% al 6%, in direzione di settori a più elevata produttività e con una forte propensione all’export.
Inoltre dal 2014 il rating della Spagna è stato progressivamente aumentato dalle agenzie specializzate. A marzo del 2018 S&P ha portato la sua valutazione a A-, valore che si confronta con il BBB dell’Italia, e non si escludono ulteriori ritocchi verso l’alto. Come mostra il grafico che segue (fonte Eurostat) anche il tasso di disoccupazione, pur rimanendo elevato, è costantemente sceso negli ultimi trimestri:
I dati analizzati ovviamente restano dei dati macroeconomici che non rappresentano a sufficienza come cresca il paese, se si tratta di una crescita sostenibile nel tempo e soprattutto se, i problemi strutturali che a tutt’oggi sono presenti nell’economia spagnola (svalutazione interna, edilizia spesso spregiudicata, e turismo di massa e quindi di bassa qualità ecc ) possano essere trasformati in ulteriori leve per la crescita.
Il dato di sicuro interesse è l’andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia che, dopo aver subito una flessione nel biennio 2012-2013, ha ripreso a crescere a partire dal 2014, grazie alla ripresa della economia spagnola e al recupero della domanda interna.
In base ai dati di fonte spagnola, il valore dell’interscambio commerciale bilaterale nel 2017 è stato di 42,5 miliardi di euro. L’Italia si conferma al 3º posto tra i Paesi di destinazione delle esportazioni spagnole, subito dopo la Francia e la Germania, con 22,3 miliardi di Euro (8% sul totale export spagnolo), registrando un aumento del 9,8% rispetto al 2016.
L’Italia si conferma inoltre al 4º posto, dopo Germania, Francia e Cina, tra i paesi di provenienza delle importazioni spagnole con 20,2 miliardi di Euro (6,7% sul totale delle importazioni spagnole) con un incremento del 12,3% rispetto all’anno precedente.
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