In Italia non va mai tutto liscio perché la burocrazia ci mette sempre lo zampino. E a rimetterci, molto spesso, sono gli imprenditori. Stavolta tocca agli autoriparatori che, dal 2018, si chiameranno ‘meccatronici’. Una novità introdotta da una legge del 2012 e sostenuta da Confartigianato perché consente di assecondare l’evoluzione tecnologica del mondo dei motori.
Per diventare meccatronici occorre rispettare una serie di requisiti, tra i quali la frequenza di corsi di qualificazione.
Ma qui sorgono i problemi e riguardano, in particolare, le attività di gommista per le quali la vecchia legge del 1992 sull’attività di autoriparazione non ha mai istituito proprio questi corsi di qualificazione.
Risultato: oggi le officine non hanno l’abilitazione per svolgere l’attività di gommista. Per ottenerla, la legge impone al responsabile tecnico, che nelle aziende artigiane è sempre il titolare o il socio, di frequentare un corso regionale e svolgere almeno un anno di lavoro come dipendente qualificato di un’impresa del settore. Cosa che, per per un artigiano in attività, è di fatto impossibile.
Una situazione assurda e caotica, quindi, che Confartigianato Autoriparazione ha denunciato da tempo.
E ora è tornata all’attacco. Nei giorni scorsi, il Presidente di Confartigianato Autoriparazione Meccatronici, Alessandro Angelone, ha inviato una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda al quale ha segnalato i problemi della categoria e sollecitato un intervento chiarificatore.
In particolare, chiede, per gli imprenditori in attività, l’attivazione di corsi da considerare abilitanti, senza pretendere una successiva esperienza lavorativa da dipendente.